domenica 3 febbraio 2013

L'errore di Renzi


Stupisce che, in una recente polemica con il premier uscente Mario Monti, il sindaco di Firenze Matteo Renzi  sia incorso in un errore clamoroso che, con un po’ più di attenzione avrebbe potuto evitare. Monti, infatti, confondendo non si sa quanto erroneamente e quanto volutamente la data di nascita del PD con quella del PCI, ha sostenuto che il Partito Democratico è nato nel 1921, ( non ha precisato il luogo di nascita, ma, evidentemente, pensava a Livorno).  Renzi, piccato, probabilmente  senza riflettere, ha affermato che il professore aveva fatto confusione con la sua carta di identità, ovvero con la sua data di nascita. Errore clamoroso! Il professor Monti, infatti, (politicamente, s’intende, non anagraficamente) è nato si nel ’21, ma non del XX, nel '21 del XIX secolo. E’ in quel periodo, infatti, che iniziarono le prime lotte, contro i “professori di allora”  da parte degli operai che rivendicavano migliori condizioni di vita e di lavoro, l’abolizione della Combination Acts, una serie di leggi varate in Inghilterra che avevano reso illegale il sindacato (la Fiom del tempo) e  che prevedevano la galera per gli operai che si associavano, insomma leggi che anche allora criminalizzavano le “Camusso “ e i “Landini” del tempo.  (Ma tu guarda come la storia si ripete!) E così, nonostante l’abolizione nel 1824 di queste odiose leggi, le condizioni di lavoro e di vita degli operai rimasero, per ancora un secolo, vergognose e intollerabili. Basterebbe, per rendersene conto, leggere qualcosa sulla vita degli emigrati italiani e di altri paesi europei negli Stati Uniti dei primi anni del  Novecento, soprattutto quelli impiegati nelle miniere di carbone, sui bambini impiegati in lavori durissimi per diverse ore al giorno, sulle donne che lavoravano nelle fabbriche manifatturiere,  magari anche sulla vita delle mondine italiane. Ci sono voluti quasi due secoli di lotte durissime per conquistare condizioni di lavoro un po’ più accettabili, qualche tutela e qualche diritto che pure avrebbe dovuto essere sacrosanto.  In Italia, fra l'altro, dove ci siamo dovuti sorbire in aggiunta vent’anni di fascismo, un regime reazionario al servizio della borghesia da essa voluto e foraggiato per mazzolare operai e braccianti che chiedevano lavoro e diritti e poi la polizia di Scelba e i sindacati gialli, molte conquiste sono arrivate più tardi che in altri paesi. Lo Statuto dei lavoratori, col suo “famigerato” articolo 18, vero “fumo negli occhi" per tanti sedicenti  giuslavoristi,  per dire, è arrivato solo nel 1970 e ora è diventato la causa di tutti i mali. In Italia secondo costoro,  c’è disoccupazione e crisi non perché la globalizzazione voluta e osannata dai vari "Monti" sparsi per il mondo  ha messo in  concorrenza  una industria italiana spesso gestita da un capitalismo straccione foraggiato per un secolo dagli aiuti di stato,  con quella della Cina o di altri paesi nei quali i lavoratori non hanno alcun diritto o tutela  e nei quali per questo si possono produrre beni a prezzi stracciati, anche se non sempre di qualità  accettabile, ma perché esiste l’articolo 18 e perché gli operai pretendono addirittura (orrore!) di scegliersi il sindacato. Chi denuncia queste cose e  si batte per mantenere   diritti che sono costati secoli di lotte durissime, sangue e repressione  viene però considerato un conservatore, mentre chi vorrebbe riportare l’orologio della storia al tempo della Combination Acts abolendo tutele, precarizzando come sta avvenendo il lavoro, restringendo sempre più i diritti, magari ripristinando le famigerate gabbie salariali, è ritenuto un innovatore,  un riformista, insomma un  rivoluzionario. E allora chi è nato nel 21 e di quale secolo? Il PD o certi economisti, certi amministratori delegati d’assalto e certi sedicenti giuslavoristi?

martedì 8 gennaio 2013

Il re è nudo

Ho letto su Repubblica on line una bellissima intervista a Matteo Renzi che dovrebbero leggere in molti, a cominciare da quegli italiani ostentatamente snob, quelli del “sono tutti uguali, la politica è una cosa sporca, questa volta non vado a votare”, ma che poi a votare ci vanno e votano sempre il peggio del peggio, per finire a quelli che si piccano di fare politica, che prendono la tessera di un partito e il giorno dopo cominciano ad attaccare tutto e tutti all'interno di quel partito, a ignorare le decisioni o i deliberati del partito del quale hanno appena preso la tessera, magari facendo l'esatto contrario e, dopo qualche giorno ancora cambiano casacca. Matteo Renzi è un grande dirigente, una grande risorsa del PD, probabilmente il suo futuro prossimo. A parte una certa asprezza nel linguaggio adoperato qualche tempo fa e l’adozione di qualche verbo non troppo felice, Renzi sta oggi dimostrando non solo di essere un grande leader, ma soprattutto un politico leale, coerente e coraggioso che conosce e rispetta le regole della democrazia che sono alla base della vita di qualsiasi formazione politica degna di questo nome. Come Bersani ha mostrato molto coraggio nel mettersi in gioco, nell’affrontare elezioni primarie che solo il PD, il partito al quale tutti pretendono sempre di dare lezioni e di spiegare cosa va fatto e cosa non va fatto, ha avuto il coraggio di fare e che ha perso dignitosamente, dimostrando, comunque, di avere un grande seguito nel Paese e dignitosamente ne ha accettato il responso mettendosi lealmente e rispettosamente al servizio del Partito. Un grande calciatore capisce quando è il momento di stare in panchina e quando è il momento di scendere in campo, prendere in mano la squadra, diventarne il leader indiscusso, la bandiera e Matteo Renzi, come un grande calciatore, ha accettato la panchina, ma sono certo che presto sarà chiamato in campo a dare quel grande contributo che ci si aspetta da un grande talento come lui. 
In questi giorni si fa un gran parlare delle cosiddette personalità renziane che hanno abbandonato il PD per “correre in soccorso” di quello che forse presumono il vincitore o forse più semplicemente per garantirsi qualche poltrona. C’è in giro qualche stupido che rimprovera a Renzi, come una colpa, la passata vicinanza con questi individui. A mio modesto avviso questi transfughi cercavano di usarlo strumentalmente al solo fine di fare la lotta ad altri esponenti del partito, ma, evidentemente, il loro gioco non ha avuto successo. Da qui il comodo rifugio nelle liste montiane. E che le posizioni di questi signori fossero strumentali lo fa capire lo stesso Renzi quando fa riferimento a quei “quattro – cinque parlamentari che oggi agitano lo spauracchio Vendola – Fassino, ma che in passato votarono la fiducia ai governi di Diliberto e Turigliatto.” 
Dicevo dell’intervista. Il giovane sindaco di Firenze, oltre a stigmatizzare le candidature di politici “entrati in parlamento quando la Roma vinceva lo scudetto con Pruzzo e Falcao”, senza un minimo di rinnovamento (cosa che viene sempre richiesta a gran voce al PD dai suoi avversari, compresi quelli che candidano per l’ennesima volta Berlusconi) mette a nudo la demagogia di Monti che, “dopo aver aumentato le tasse per salvare l’Italia”, oggi, per vincere le elezioni, promette di ridurle. Lo stesso Monti che dopo aver ripetuto per un anno che non si sarebbe candidato, ora si candida a governare il Paese.
Bravo, Matteo, c’era tanto bisogno di un fiorentino senza peli sulla lingua che avesse il coraggio di gridare che “il re è nudo!”

giovedì 3 gennaio 2013

La politica col silenziatore

Davvero  incredibile la gaffe del premier, professor Mario Monti a Uno Mattina; una vera e propria baggianata indegna di un luminare, di un professore nientemeno che della Bocconi, l’università del celebre studente calabrese di Sergio Vastano.  Come sia saltato in mente al professor Monti, un senatore a vita, un ex premier che potrebbe tornare a fare il presidente del Consiglio dei ministri, di chiedere a Bersani di “silenziare”, ovvero far tacere la voce di Stefano Fassina, responsabile economico di un partito che si chiama, per colmo d’ironia “democratico”,  è uno di quei misteri che la mente umana non riuscirà mai a spiegarsi. Che vuol dirci il professor Monti, che il segretario di un partito può zittire chi vuole e quando vuole? Che, magari tdovrebbe tornare alle famose purghe staliniane? Che in un partito il potere di decidere quello che si può dire e quello che non si può dire dev’essere prerogativa di una sola persona? Che un iscritto, addirittura il responsabile economico non ha il diritto di esprimere le proprie idee, battersi perché si affermino e diventino programma politico del partito, salvo prendere atto di un eventuale decisione contraria delle assemblee di partito, degli organismi dirigenti, che decidano, eventualmente, che tali idee contrastano con quelle della maggioranza degli iscritti e quindi adeguarsi alle decisioni democraticamente assunte da tale maggioranza, magari continuando a lavorare lealmente perché le sue idee possano diventare in  futuro maggioranza? (Vedi Matteo Renzi, un  leader autentico).   Ma che idea ha della democrazia, dei meccanismi di formazione del consenso e del programma politico di un partito il professore Monti? Ha mai sentito parlare del libero confronto delle idee, di mediazione, di ricerca di una sintesi tra posizioni contrastanti sulla soluzione dei problemi? Ma che si vuole? Tornare allo stalinismo o all’assolutismo monarchico? Zittirebbe lui il suo sponsor più entusiasta, l'on. Casini sui temi etici, sulla modifica di quell'obrobriosa legge fecondazione assistita, sull'eutanasia e sui privilegi alla chiesa cattolica? Ne avrebbe il potere? Anche quelle sono riforme da fare o le riforme sono solo quelle che servoino a dare mazzate ai lavoratori a favore dei finanzieri e delle banche? Tremo al pensiero che ci sia qualcuno in Italia che si candida a governare il paese pensando di “silenziare” chi non la pensa come lui.